Abitare nella jungla

Martinica, 10 dicembre 2013


Cosa vuol dire abitare nella jungla, che poi giungla non è, è solo foresta “montanara” in quel di Martinica, isola caraibica con conseguente vegetazione tropicale, e fauna di conseguenza.
Allora, per una come me che è aracnofobica ai massimi livelli, che preferisce affrontare un leone incazzato piuttosto che una cavalletta e che rischia l’infarto ogni volta che incrocia un insetto (farfalle comprese), la vita di terra in Martinica non è facile, soprattutto poi quando mi scelgo degli alloggi un po’ campagnoli, e riconosco di essere un po’ masochista. Anche per questo amo le barche, perché non esistono gli insetti se non ogni tanto qualche formichina e a queste latitudini possono esserci invasioni di cucarache (raramente per fortuna). Cos’è una cucaracha? No non è solo la danza del furor, è anche e soprattutto una bestia di dimensioni variabili tra una lenticchia ed un pacchero, parente del nostro scarafaggio, di colore un po’ meno nero e di forma più allungata. Presente i datteri? Ecco, io da quando conosco le cucarache non riesco più a mangiare datteri, ci somigliano troppo. Sono aggressive, cattive, soprattutto le grosse quando le incontri sul pontile ti vengono incontro cercando di spaventarti (e un po’ ci riescono anche). Ecco, dopo 9 anni ancora non le digerisco, ogni volta faccio dei salti che Fiona May può andare a nascondersi. E il bello è quando le scopri in barca, che ovviamente devi celare il problema ai clienti che quando ti vedono saltare come un grillo tu gli racconti panzane mondiali stile che ti sei bruciata col forno, e lo skipper invece racconta che semplicemente hai un tic, che ogni tanto hai questi scatti di nervi, ma ti stai facendo curare e tutto andrà bene. Comunque, oggi ne ho trovata una in casa. Apriti cielo, indecisa se chiamare la protezione civile, la farnesina o tutto l’esercito ho cercato innanzitutto di calmarmi e poi l’ho affrontata, da sola e con coraggio e determinazione. L’ho spalettata fuori dalla porta dopo averle rotto almeno 6 zampe a colpi di ciabatta da una distanza di metri 2, che anche se non la colpivo ad ogni lancio almeno sono sicura di averle fatto venire il raffreddore con tutti gli spostamenti d’aria.


Comunque, dicevo: vivere nella jungla. Non è solo cucaracha. E’ anche stare attenta a dove cammini perché rischi di pestare un vermicello, e non capisco perché ma ci sono solo di notte, di giorno no. E’ arrivare a casa la sera e fare lo slalom tra i rospi per raggiungere la porta di ingresso. E’ far colazione in compagnia delle lucertole (no queste non mi danno fastidio, anzi mi piacciono, stanno lì che mi guardano curiose…troppo carine!). E’ fare l’ispezione visiva di ogni angolo di casa ogni volta che ci entri. E’ spostare la tenda della doccia con circospezione aspettandosi chissà cosa nascosto dietro. E’ metterci mezzora per andare a letto perché anche il letto potrebbe nascondere sorprese e quindi ogni sera scuoti bene tutte le lenzuola, guarda sotto e a lato, sposta i cuscini, rimetti a posto la zanzariera e poi finalmente, se non ci sono mostri in agguato, puoi anche sdraiarti e dormire. E’ fare la doccia nell’autan almeno 3 volte al giorno e nonostante questo ritrovarti le gambe e le braccia martoriate dagli gnè-gnè. E’ non sorprendersi se incroci sul tuo cammino un topolino (carini!). E’ contare i manitù spiccicati sulla strada di casa ogni volta che la percorri. E’ svegliarti al mattino col canto dei galli (ce ne saranno ottomila qui nella valle, e non sono nemmeno sincronizzati).  Ecco, tutto questo è vivere nella foresta. Ma non solo, c’è molto di più: c’è che apri la finestra e vedi VERDE, tanto verde, tutto verde; c’è che non senti automobili ma l’unico rumore sono i canti dei grilli e delle cicale dal tramonto all’alba, e i cani qualche volta quando uno di loro da il “la” e tutti gli altri rispondono; c’è che senza avere nemmeno la tivù non hai idea di cosa stia succedendo nel mondo, hai solo internet e ti rifiuti di usarlo per avere le notizie di politica o di economia, vuoi solo avere notizie dei tuoi cari a casa, il resto non ti interessa e non ti riguarda proprio (perché deprimersi?) (ok, ora sento l’eco: Vaifra menefreghista, si va bene sono disinteressata e menefreghista, e allora? E non sono nemmeno gli unici difetti che ho); c’è che quando torni a casa dopo due settimane da 12 passeggeri cadauna e per due giorni l’unica attività contemplata è fare la spola dal letto al divano e ritorno…. beh, sei veramente in un’oasi di pace!!! E allora anche le tre ore impiegate a debellare la cucaracha vanno nel dimenticatoio talmente in fretta che manco ti ricordi più quando è stato.

E poi dopo qualche giorno torni in barca, e sei pure contenta di ricominciare a lavorare!!!

1 commenti:

Elisabetta ha detto...

Ora che mi hai detto che la cucaracha assomiglia a un dattero, ogni volta che vedrò un dattero (e in Oman i datteri sono ovunque, pure in bagno) mi verrà da ridere e penserò a te! Senti, però dalla foto mi sembra che la giungla della Martinica è bellissima!

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