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Toscanella, 20 maggio 2014

Mi piace(va) molto andare al mercato a Imola: aria di casa, prodotti conosciuti, profumi di campagna e tra una bancarella e l’altra i commenti romagnoli o le chiacchiere di paese “incò a mezdè a fag i garganel cun el ragù cl’ha fat la mi nvoda, l’è bò, ciò!”. Ma Carla mi avvisa: se vuoi andare in centro a Imola devi prima fare un corso multilingue se no nessuno ti capisce.
Sabato ci sono andata: facendo lo slalom tra kebab ed involtini primavera è stato difficile riconoscere qualche imolese tra questi visi multietnici, prevalentemente cinesi, arabi e russi/moldavi/polacchi. Non ho sentito una sola frase in dialetto, al massimo qualche cosa in Italiano ma non certo emiliano romagnolo. E quindi mi sono quasi sorpresa quando ho sentito un bambino chiamare “babbo”…. mi son detta ok allora non ho sbagliato strada, a meno che non siano turisti toscani sono veramente a Imola. Ma mi sono rattristata. Non sono razzista, o forse sì se dico che mi piacerebbe ancora sentir parlare Italiano quando sono in Italia….???
Ed il resto…. Oh My God, da mettersi le mani nei capelli. Ancora una volta mi chiedo come sia possibile vivere così difficile. E quindi non mi stupisco del sostanziale aumento di gente che vuol scappare dall’Italia: quello che una volta era un modo di dire ora sta diventando un discorso che si affronta sempre più spesso nella famiglia media italiana, o almeno questo è quel che io vedo. Sempre più difficile, sempre più bastonati, sempre più sottomessi a decisioni prese dall’alto che non fanno che mortificare e reprimere ogni iniziativa, e sempre più abituati a rassegnarci a queste situazioni a dir poco agghiaccianti. Ed ecco che vediamo proiettato nel piccolo ciò che siamo abituati a vivere nel grande, e ti trovi a dover combattere a calci e pugni, oppure accettare passivamente che quello più furbo di te ti mangi sulla testa. Perché in Italia siamo bravi a far polemiche da cappuccino, e siamo tutti potenziali capi del governo che noi sì’ che sapremmo come far funzionare le cose, al bar dello Sport come in Parlamento.
Mi mancano già molto i rastoni che con una canna da 4 kg di erba sistemano tutto, peace & love….e non inizio a drogarmi perché se proprio devo farlo lo voglio fare con roba buona…. e qui non c’è nemmeno quella!

Ma NONOSTANTE TUTTO riesco ancora a trovare in me un fondo di orgoglio, sicuramente non giustificato dal degrado che vedo ma lo sento, e quindi “VIVA L’ITALIA”.

Le poulet s'il vous plait!

Martinica, 12 maggio 2014…… e si torna a casa!

Qui ai caraibi di cose buone da mangiare ce ne sono tante, ma il meglio del meglio del meglio è senza dubbio il poulet boukané tipico di Martinica. Trattasi di banalissimo pollo grigliato e poi fatto affumicare nella canna da zucchero con una serie di altri odori, lo trovi a tutti gli angoli delle strade ed è una bontà da non credere alle proprie papille gustative, tanto che in collaborazione e col prezioso aiuto dell’Ammiraglio ho composto una sorta di canzone-elogio al poulet, idea partorita ascoltando i vari comizi durante le campagne elettorali in vista delle elezioni comunali in Martinica (presente due scemi che cantano plus poulet pour touts.... eccoci). 
Poulet boukané dunque, da non confondere col poulet fumé, che è il suo cugino che però compri confezionato al supermercato: non meno buono ma diverso, di consistenza più “industriale” e da me soprannominato anche il pollo di plastica per come si presenta la pelle del pollo stesso. E tanto per capirci, visto che questo al contrario di quello che compri per strada si conserva bene per lungo tempo (pochi conservanti inside vero…), ne metto sempre in valigia un paio prima di rientrare in Italia (una di queste volte alla dogana mi fermano davvero “Madame, ma che ci fa un pollo nella sua valigia?” “è uso personale, non è contrabbando quindi per cortesia mi ridia il mio pollo e mi lasci passare, grazie”).



Tutto questo per condividere la mia infinita tristezza all’idea che quello che ho nello stomaco, sulla via dell’aeroporto, potrebbe essere il mio ultimo polletto bucanerizzato. E dirò di più: non mi sono nemmeno lavata i denti per conservare il più a lungo possibile il suo sapore in bocca, ma questo non ditelo al mio dentista che è già lì che mi aspetta scaldando il trapano con sguardo da shining (ciao Dario, no non ti preoccupare son tutte cazzate quelle che scrivo sul blog)


“Sono in vacanza faccio quel che ho voglia”

St. Anna, 10 maggio 2014

 Io l’ho sempre sostenuto e stavolta lo confermo sottoscrivendo in triplice copia su carta bollata, e vado pure a pagarci sopra l’imposta di registro: più sono incoscienti e sbruffoni, più non sanno niente ma si rifiutano di informarsi, ma soprattutto più si sentono superiori agli altri andando a scegliere ormeggi dove non c’è nessuno (la qual cosa può esser interpretata come “siamo i più sboroni, superiori agli altri” oppure “deficienti, se non ci va mai nessuno un motivo forse c’è” a seconda dei punti di vista) e più se ne strafregano delle più elementari norme di sicurezza…. ecco, più si mettono in pericolo e più dal Cielo gli mandano giù degli Angeli protettori a sorvegliarli. Perché se no non mi spiego come abbiamo potuto tornare tutti sani e salvi in Martinica con la barca ancora integra. Le cazzate….. le hanno fatte tutte, anche robe che mai avrei potuto immaginare! E non per dimenticanze o sottovalutazioni dei pericoli, ma proprio con altezzosità e sbruffonaggine; per il resto hanno confuso le unità di misura: 41 piedi non sono 41 metri. La mancanza di rispetto per gli abitanti locali e l’ambiente (e anche per me) la si può riassumere con la frase-tormentone della crociera “sono in vacanza faccio quel che mi pare”. Ma come mi dicono dai piani superiori questa è la frase preferita del Sig. Sfigato Qualunque, che pagando per andare in vacanza in paesi poveri e sottosviluppati si sente autorizzato a pescare in riserva marina (per esempio) e non si sente in dovere di dire nemmeno buongiorno ai “selvaggi” che si avvicinano alla barca proponendo i lori piccoli business facendo finta di non vederli né sentirli, e anzi cerca di tirare due euro sul prezzo del bbq in spiaggia, probabilmente ciò al fine di gonfiare la propria autostima riuscendo a strappare due spiccioli a chi con quei due spiccioli ci sfama la famiglia una settimana. Sono disgustata. E ancora peggio il travestimento da persone gentili. Una di loro non mi ha guardata in faccia una sola volta nei 10 giorni, un altro deve averlo fatto un paio di volte; gli altri si, qualche volta hanno parlato con me, ma molto di rado. Mai mi ero sentita così umiliata, nemmeno sui mega yacht dove gli ospiti manco sanno il nome degli equipaggi. Meno male questi snob sono rari, quelli che considerano i locali persone inferiori e la hostess un servizio pagato sono pochi, ma poi quando succede che sono di questa specie ma si credono (e sono sinceramente convinti) di essere rispettosi e gentili (noi siamo cool, siamo semplici, siamo brave persone)…. beh, ci rimani parecchio male, e ti dici beh allora a questo punto vado a lavorare sui grandi yacht, dove so da principio che l’atteggiamento è questo.

Ma questa non è una lamentela e non è un’accusa contro nessuno, anzi questi gruppi mi fanno bene perché mi fanno apprezzare ancora di più i BEI gruppi, quelli che salgono a bordo sereni e magari ti mettono in chiaro subito cosa si aspettano da te ma poi sono VERAMENTE amichevoli, rispettosi e cool, senza bisogno di dirselo da soli (quasi a convincersene). Ed in genere è questo genere di gente che ho in questi charterini, e facendo una carrellata all’indietro dei gruppi avuti quest’anno mi bacio veramente i gomiti, sono stata da bene a benissimo con tutti; peccato gli ultimi due, ma questo non rovina la passione e l’entusiasmo che ho per il mio mestiere.
Ma, giuro, mai e poi mai e mai mai mai mai più senza skipper. Per quanto a volte ci siano skipper tecnicamente mediocri o caratterialmente stronzi…. almeno sanno che è il Mare il Padrone e hanno una minima cognizione di causa per quanto riguarda la sicurezza, sia in navigazione che all’ormeggio. Che non è poco.

Perché io ho solo 43 anni, e nemmeno ancora compiuti.

Ma stiamo dando i numeri?

Petit Saint Vincent, 06 maggio 2014

Malata come sono dello scrivere, figuriamoci se non mi scrivo appunti privati sui charter che faccio da questo lato dell’emisfero. E stasera li ho contati. 86 volte alle Grenadine, 6 invece al nord. 52 Skipper. 698 passeggeri nutriti per una media di 9,3 giorni. E questi si permettono di sbuffare quando gli parlo degli scali che andremo a fare e continuano a guardare le guide e qualunque mia proposta viene bocciata a priori (finchè appunto non leggono la stessa cosa su una guida, che allora è una cosa da fare!). Bene, allora taccio. Tanto io le Grenadine le conosco in dettagli che le guide non spiegano, e che solitamente amo condividere con i miei passeggeri, stavolta li terrò per me.

E non parliamo della sicurezza, che qui le regole basilari sono opzioni rompicoglioni e a noi piace da morire (proprio) partire con gli oblò aperti (anche quelli di sicurezza, si si dico veramente quelli a livello dell’acqua), così come ci piace lasciare tutte le cime in acqua perché prenderle nelle eliche ci rallegra la navigazione, ci piace anche saltellare sugli scogli e sfregarci nella sabbia…. e non parliamo di quant’è bello scoprire nuovi ancoraggi dove nessuno è mai stato (chissà perché), e poi ci piace dormire ad un metro sopravvento al reef ma soprattutto la figata più grande è ormeggiare il tender secondo l’antica tecnica giapponese della “c***o di cane” e poi andarsene a casa di Cristo, così che almeno la hostess non si annoi sudando davanti al forno ma possa farsi una bella nuotata in queste acque cristalline per andare a recuperarlo.

Ma d’altra parte si sa che charter con hostess ma senza skipper è una roulette russa, e sto giro non mi lamento nemmeno: sono simpatici e non rompono a livello dieci. Poi il fatto che la loro concezione di hostess sia “non abbiamo voluto prendere lo skipper perché avevamo paura che un estraneo rovinasse lo spirito del gruppo” la dice lunga su tutto il resto. Ma io ho messo il motore al minimo dei giri, niente extra per loro visto che non riesco ad organizzarmi per prepararli, ma sembrano contenti purchè ci sia qualcosa in tavola e io non tenti di interagire con loro, quindi faccio il minimo ma faccio tutto ciò che si aspettano da me… e per il resto me la sciallo godendomi il mio ultimo charter della stagione.

Certo che l’ultimo sguardo a Mayerau, l’ultimo tuffo con le tartarughe e l’ultimo bbq sulla spiaggia senza sapere se mai tornerò è roba triste, ma soprattutto l’ennesimo buonanotte ai miei amici del sud con il punto interrogativo sul cuore è straziante; e l’ultima notte alle Tobago Cays l’ho passata quasi in bianco a guardare la spiaggia rivivendo tanti anni di rastagrigliate. (Il giorno dopo rintronata come una campana ma tanto questi non vogliono hostess interattiva quindi ok così).

Io per l’inverno prossimo penso spero e credo di poter trovare altro da fare, nuove destinazioni e nuove avventure, ma questi posti e questa gente mi hanno talmente riempito la vita che non credo di poter di nuovo sentirmi così a casa in un posto che non sia Toscanella come qui alle Grenadine.


Inshallah, ancora una volta.