Le
Marin, 12 dicembre 2015
Le
Marin, 28 novembre 2015
Non
mi pare vero che sia finita, e non so nemmeno se esserne sollevata o se
rimpiangere che sia durata troppo poco. Mi sono appena fatta due settimane
secche sul maxi catamarano da 20 passeggeri, ovviamente full ad entrambi i
giri.
Prima
settimana: skipper un grandissimo professionista con cui avevo già lavorato
tanti anni fa, e che riconfermo tra i migliori sul mercato, e come marinaio uno
spettinatissimo bretone all’apparenza timido ma che in breve si rivela un pazzo
scatenato, bravissimo e molto professionale anche lui. Il gruppo dei clienti
molto vario ma tutta gente veramente SIMPATICA e a bordo in un attimo è festa
continua: armonia, risate, divertimento e collaborazione sono le parole chiave
per descrivere questa incredibile settimana: il lavoro è tantissimo ma sto
talmente bene col mio equipaggio e questi clienti sono talmente favolosi che la
stanchezza quasi non la sento (le ossa rotte sì, le sento tutte benissimo ma fa
niente).
Seconda
settimana: lo spettinato bretone passa skipper, è la sua prima esperienza in
assoluto ma se la cava egregiamente, il ragazzo è davvero in gamba. Marinaio un
ragazzetto alto alto secco secco, di una gentilezza disarmante, alla sua
primissima esperienza di charter in assoluto. Siamo comunque una bella squadra
e riusciamo a far fronte in qualche modo al gruppo più difficile di tutta la
storia del charter mondiale: ci troviamo con due gruppi ben distinti,
oltretutto di pari numero, ed oltretutto tutti fortissimi consumatori di
alcool, che si fanno la guerra e nemmeno tanto fredda: i Francesi di qua,
i Tedeschi di là. In mezzo due Italiani, che non si fila nessuno perché lei è
una trituraminchia insopportabile che nessuno vuole avere intorno, forse è
l’unica cosa su cui i due gruppi sono d’accordo. Giuro, in 10 anni di rompicoglioni
ne ho avuti diversi ma questa vince all’unanimità l’Oscar, il Nobel e pure le
Olimpiadi della rottura di palle. Ogni volta che apriva bocca avevo come
l’impressione che i miei zebedei venissero messi nel robot di cucina con la
funzione “doppia macinatura a freddo”. Mi vengono ancora i nervi al ricordo.
Ho
avuto due equipaggi fantastici, e non mi accadeva da tanti anni di sentirmi
così in complicità e completezza con dei colleghi; ho riscoperto il piacere di
lavorare in team: duramente, a testa bassa, facendoci un culo tanto ma sempre
ridendo e sorridendo, dandoci una mano l’un l’altro e soprattutto nella seconda
settimana sostenendoci nei reciproci momenti di debolezza. Ho riso tanto, mi
sono divertita tanto, mi sono anche incazzata tanto in certi momenti e proprio
in quei momenti loro due mi hanno ascoltata tanto nelle mie sclerate contro loro
medesimi, e dopo mezzora eravamo di nuovo lì tutti e tre a prenderci in giro e
ridere come pazzi. Una vera squadra.
Martinica,
13 novembre 2015
Premetto
che tutto ciò che segue è scritto con spirito bonario, rifiuto qualsiasi
polemica in merito e non è perché prendo in giro la popolazione locale che
accetterò di esser criticata stile “sputi nel piatto in cui mangi”, perché allo
stesso modo prendo affettuosamente in giro i miei connazionali, i miei
corregionali e perfino i miei parenti e me stessa (in primis, tra l’altro).
Pertanto se qualcuno intende leggere tra le righe qualsivoglia forma di insulto
o offesa…..beh evidentemente sta sbagliando la chiave di lettura. Così ho
affermato, proseguo nel mio scritto.
Da
10 anni ormai frequento i Caraibi, precisamente le cosiddette Piccole Antille;
le differenze con l’Italia e l’Europa in generale sono enormi sotto tutti i
punti di vista, ma direi soprattutto nelle persone. Io poi vivo in Martinica,
isola Francese e territorio francese a tutti gli effetti, e frequento
spessissimo le isole St.Lucia e St.Vincent con le sue Grenadine. Gli abitanti
locali sono tutti della stessa razza eppure ci sono differenze enormi tra un
Martinichese o un abitante delle altre isole, l’influenza Europea gioca un
ruolo importantissimo nello stile di vita, ed è normale che sia così. Ma la
base resta quella, il DNA non lo cambi, non c’è niente da fare: gli Antillesi
sono meravigliosamente fatti a modo loro, ed i loro modi di fare e di prendere
la vita così opposti ai nostri, per quanto a volte mi facciano incazzare a
bestia la maggior parte delle volte riescono ancora a stupirmi e a sbalordirmi
anche dopo 10 anni. E tante ma tante volte….li invidio. Così easy, così sereni,
così occupati a godersi il presente (e se lo sanno godere davvero) che nulla li
scalfisce, lo stress non sanno proprio dove stia di casa e i problemi davvero
non esistono. Sembrano marziani, se visti con la nostra mentalità, ma io sono
convinta che in fondo abbiano ragione loro.
Di
seguito una piccola carrellata di episodi realmente accadutimi: a volte l’ho
presa male e sono arrivata a farmi venire il sangue verde, altre volte l’ho
presa con una sana risata, di fatto la mia reazione non ha importanza e voglio
solo cercare di trasmettere come e cosa ci si abitua a vivere qui.
All’ordine
del giorno, quotidianità a cui ormai non faccio più caso ma che se osservassi
coi miei occhi europei mi sbalordirebbero ancora:
-
Stai
guidando, davanti hai un auto che senza preavviso frena perché in senso opposto
sta arrivando qualcuno che conosce, e si mettono a chiacchierare da un
finestrino all’altro incuranti del traffico bloccato. La cosa può durare fino a
diversi minuti.
-
Hai
appuntamento con qualcuno? Non ti affannare se sei in ritardo di una decina di
minuti, l’altro sarà sicuramente in ritardo di almeno mezzora, se Europeo
trapiantato. Se è antillese allora anche un’ora o addirittura due se non di
più; e quando arriva è inutile che ti incazzi o fai vedere il tuo disappunto,
non capirebbe proprio la ragione: è lì, è arrivato, dov’è il problema??
-
Inutile
che fai le corse al supermercato per arraffare quelle due cose che ti servono e
poi correre: nella migliore delle ipotesi, cioè con zero persone alla cassa, ti
ci vogliono 25/30 minuti. Per esempio se alla cassiera scappa la pipì, se anche
solo gli mancano da passare due articoli e dopo di te non c’è nessuno, non è
che chiude il tuo conto e poi va, no: ti molla lì a metà, va al bagno e poi
ritorna. Dov’è il problema? Hai fretta? Per quale motivo?
-
Sei
al ristorante, ordini, aspetti anche un’ora o un’ora e mezza, poi ti portano i
piatti: freddi. Non chiederti il perché, non esiste un perché, è così e basta.
-
Le
salite. Cosa non sono le salite ai Caraibi. Una casa costruita sul cocuzzolo
del monte e ci vuole la strada? Dritto per dritto, qualunque pendenza ne esca.
L’altra sera avevo i tacchi, per uscire di casa avevo due opzioni: scalza
oppure camminando all’indietro, in avanti era impossibile: o camminavo col culo
indietro o le mie caviglie non permettevano una curvatura innaturale verso
dietro. In compenso è stato più facile del solito rientrare in casa.
-
La
matematica: fare i conti con loro è impresa ardua. Al supermercato hanno le
casse che dicono il resto, ma prova tu nella botteghina a pagare in contanti:
se devi pagare 12.10 euro non osare dare un biglietto da 20 e le monete. Già se
dai le monete contate confondi le idee, se poi addirittura hai tipo 2 euro e
una moneta da 20 centesimi…è un casino!
-
Se
sul menu c’è scritto “pollo con insalata” e “pesce con pomodori” non
t’azzardare mai e poi mai a chiedere pollo con pomodori, rischi che esca il
cuoco dalla cucina col machete in mano!!!!
-
Non
discutere mai con un Antillese, ti sfianca.
Episodi
che “boh??” non sai veramente come reagire, ti spiazzano:
-
Inizio
stagione, vado con amici a cena “dal ciccione”: uno smilzo di 180 kg che la
sera mette 4 tavolini di plastica alla stazione dei bus, un megagrill e ti fa
delle costine di maiale da urlo: ci vogliono un paio d’ore di attesa (si
sospetta che se le mangi tutte lui e inizi a servire i clienti solo una volta
riempito il suo enorme stomaco) ma ne vale la pena. Ordiniamo, e chiediamo se
nell’attesa ci fanno delle patatine fritte, che arrivano praticamente subito
(si ok erano 40 minuti ma sono sembrati pochi), chiediamo maionese e/o ketchup,
e la risposta è: “eh ma che fretta, non abbiamo ancora comprato tutto, abbiamo
riaperto solo da 10 giorni”
-
Charter,
sosta all’isola di St.Lucia. Pranziamo in un ristorante molto locale (no
turisti) e dopo il pasto dobbiamo in qualche modo far passare una ventina di
minuti x cominciare l’escursione prevista nel pomeriggio. Caffè? Mmmhhhh, a
Castries? Vabbè tentar non nuoce, chiediamo in un bar e ci fanno accomodare al
tavolino. 10 minuti, 20, mezzora, la guida viene a chiamarci che il taxi sta
aspettando, 40 minuti…. ridendo sollecitiamo ancora il caffè, ormai non
sappiamo più cosa pensare, forse sono andati in Brasile a raccoglierlo, ancora
qualche minuto tra incredulità e risate poi finalmente arriva la barista con un
vassoio: 6 bicchieri, una brocca di acqua calda… e un barattolo di Nescafè.
-
Un’amica
viene in vacanza in Martinica e conosce un bell’Antillese. Storia da vacanza
sicuramente ma i due se la vivono bene. L’ultima sera lei lo aspetta, devono
cenare insieme; aspetta, aspetta….boh non arriva. Sms rassicurante “arrivo
subito”. Aspetta, aspetta, aspetta ancora…. poi lo va a cercare sul lavoro: lui
è a bottega, ha avuto un’idea “geniale” e sta lavorando ad una cosa, livello di
urgenza di questa cosa: zero. Utilità: zero. “si lo so che vai via domani,
certo che passiamo la serata insieme!” “si bello, ma è quasi mezzanotte!!!”
-
St.Martin,
cambusa fatta ma mi mancano un paio di cose essenziali per il charter di lusso
che sto per iniziare, ho pochissimo tempo perché i clienti sono già in volo ma
corro comunque dall’altra parte dell’isola a cercare queste cose. Il tassista
sa che ho una fretta assurda e dice di chiamarlo quando sono alla cassa. Mica
scema lo so come vanno qui le cose, lo chiamo ben prima di arrivare alla cassa
e mi rassicura che arriva subito, faccio tutta la mia bella fila e aspetto,
chiamo, aspetto, richiamo, aspetto, inizio ad innervosirmi, richiamo ancora,
aspetto… niente, questo arriva bello come il sole ma….sai…era ora di pranzo
aveva fame e si era fermato a mangiare. E perché mai sarò tanto incazzata?
-
Un
amico ha un problema al motore della barca. Il meccanico sale a bordo,
lavoricchia un po’ poi si fa tardi e dice che torna l’indomani mattina a
finire, e infatti è così. Arriva la fattura: 2 ore di spostamenti da bottega a
barca, 3 km. Caribbean Time anche nelle fatture.
-
Chiami
il Dottore, ti dice “ho un buco libero giovedi alle 15.30”. Arrivi alle 15.25 e
ci sono altre 6 persone, tutti con appuntamento alle 15.30. E’ semplice: il
Dottore riceve a partire dalle15.30, il tempo che ci vuole ci vuole.
-
Dogana:
lo skipper sta facendo i documenti, il funzionario controlla i passaporti. Gli
suona il telefono, risponde, sta venti minuti a ridere e chiacchierare amabilmente
con la sua fidanzata, poi mette giù, guarda l’orologio e dice: “sono le 13.05, devo
applicare l’overtime” Che è scattato alle 13.00.
-
Skipper
imbestialito contro i clienti che consumano troppa acqua, non ci sta dietro col
dissalatore. E inoltre è anche stufo di
dover sempre svuotare le sentine continuamente e misteriosamente allagate di
acqua dolce. “Scusa sai ma secondo me tra le due cose c’è un nesso, forse tutto
questo consumo d’acqua non è colpa dei clienti” “cosa vuoi capirne tu di
sentine, sei una hostess mica un tecnico”. Se lo dici tu che sei skipper allora
è così…
-
Esco
con un antillese, sembra più europeizzato della media e nonostante le enormi
differenze culturali non va poi così male, cioè non mi fa incazzare troppo, una
cosa accettabile. Una sera mi dice “non so come sono messo nei prossimi giorni,
ti chiamo”…e sparisce. Giorni, settimane, mesi, finisce la stagione, inizia
quella successiva, un giorno mi squilla il telefono “Doudou (solido mio Da-da-da
in risposta, che tanto non capisce), sei libera venerdi, ci vediamo?” “…..”
(mah)
-
Come
solito faccio giro di agenzie per comunicare disponbilità. Una segretaria mi
dice che ha bisognissimo per il mese successivo ma è incasinatissima e non
riesce a mettersi a fare bene il punto della situazione, devo richiamarla il
giorno successivo, e ancora mi ripete la manfrina di richiamare, le dico vabbè
chiamami tu quando hai le date ma insiste dicendo che ha bisogno di almeno 4/5
hostess ma deve trovare il tempo di fare il planning del mese. Avrei voglia di
dirle “anziché stare mezzora al telefono con me a dirmi che non hai tempo di
fare il planning– e presumo tu faccia così anche con le altre – non sarebbe
meglio se impiegassi questo tempo per farlo?” ma non dico nulla, ha lei il
coltello dalla parte del manico. Mi tira scema una settimana, per poi dirmi “ah
no, il mese prossimo non ho richieste di hostess, mi ero confusa con gli
skipper”. Uguale.
Meravigliosi.
Le
Marin, 11 novembre 2015
Volevo
dire una cosa: ma io posso, in veste di equipaggio, chiedere provvigioni alle
compagnie di charter sui riempimenti barche?
No
perché io da 10 anni lavoro sulle barche e da 9 e mezzo ho un dubbio: ho la
calamita?
Barche
armatoriali: in fase di colloquio i comandanti mi garantiscono che gli armatori
usano la barca raramente, per pochi giorni e con pochissimi ospiti; mi imbarco io
e nel giro di due settimane praticamente si trasferiscono in barca e non si
contano le feste e/o le cene di gala. Ricordo in particolare un imbarco di 5/6
anni fa: “tranquilla, vengono tutti i sabati pomeriggio fino alla domenica
pomeriggio poi fanno una crociera di 2 settimane in agosto loro due da soli, e
basta” due settimane dopo il mio imbarco i week end diventarono dal giovedi
sera al lunedi mattina, venivano tutti i giorni a pranzo (avevano l’ufficio lì
vicino), la crociera fu di 28 giorni (il marinaio è ancora incazzato!) con
continui ricambi di ospiti, e a fine stagione addirittura si trasferirono a
bordo perché era il momento buono per imbiancare in villa. E avrei tanti altri
esempi da portare, corre addirittura voce tra gli equipaggi che io porti sfiga.
Barche
da charter: gruppi precostituiti se sono miei le barche sono sempre piene a
tappo che paiono i barconi dei profughi, invece vedo le mie colleghe partire
con famigliole di 4 persone, gruppi di 5/6 amici…..io non ne ho mai meno di
8/10, sono riuscita anche ad averne 11 su barca da 10 persone, più me e lo
skipper. Charter alla cabina peggio che andar di notte: non ricordo di aver mai
avuto una cabina libera.
Per
esempio parliamo di DG, il maxi catamarano su cui di tanto in tanto lavoro come
supplenza, e c’è un motivo per cui ho sempre rifiutato di firmare il contratto
stagionale: 20 passeggeri + 3 di equipaggio dà come risultato schiena spezzata,
ritmo serratissimo, braccia indolenzite e minimo due sedute dall’osteopata per
cercare di recuperare il salvabile. Quante volte ho visto – anche in piena
stagione - il DG partire con 10 passeggeri, oppure 12, a volte anche soli 6 o
addirittura una volta lo vidi salpare con 4 clienti. Io? MAI una volta ne ho
avuti meno di 20, una volta addirittura 21 perché un bambino dormiva con i
genitori. Non amo questo catamarano, e da anni cerco di svicolare ma di tanto
in tanto mi tocca una settimanella di rincalzo per motivi
diplomatico/professionali con la società che lo gestisce. A giugno era partito
per la Corsica e poi doveva andarsene a fanculo nell’Oceano Indiano,
quindi io bella serena e rilassata ho mandato mail chiedendo lavoro alla
Società, che mi offre subito due settimane e io stavo già pregustandomi la
navigazione su un nuovo 620 dove lavorare è una pacchia… e invece no, mi dicono
che sono stata attribuita a DG. Cazzo no, è proprio vero che a volte ritornano!
(Ma nemmeno alle Maldive lo vogliono!?!) ma mi dico vabbè dai novembre è
bassissima stagione sarà vuoto no? NO. Full. Poco ci manca facciano
overbooking. Anzi, avremo due barche satelliti con 6 passeggeri cadauna. Questo
per entrambe le mie settimane, la terza invece – quando io smonterò – di passeggeri
ce ne saranno (ovviamente, è bassa stagione…..) solo 8. Non commento.
Altro
mio strano karma è che ogni sacrosanta volta in cui ho navigato in binomio o
trinomio con altre barche, ogni volta che ho fatto parte di un gruppo di
equipaggi ormeggiati da qualche parte, ogni volta che ho firmato contratti con
società gerenti varie barche, ecco io ogni volta sono sempre stata sulla barca
Alfa: la più grande, la più figosa, quella del capo, quella di chi paga per
intenderci. E di conseguenza quando si organizzano aperitivi o pasti tutti
insieme lo si fa ovviamente sempre sulla barca in cui mi trovo io, e solo una
volta mi è capitato di avere una collega-collega che venisse a darmi manforte
per il servizio a tutti i passeggeri di tutte le barche ramassati da me: in
genere mi è capitato più spesso che le “colleghe”, non essendo sulla loro
barca, si sentissero più ospiti che hostess. Una volta addirittura una mi ha
spedito tutti i clienti per aperitivo e cena a mani totalmente vuote e se non
mando il mio skipper a prenderla per il coppino quella non aveva nemmeno capito
che ALMENO la presenza doveva farla, non che lei avesse serata libera e io 16
persone da nutrire e servire!
Ma….
almeno… posso metterlo nel curriculum? Società di noleggio datemi lavoro, vi
garantisco barca piena e anche oltre. E poi, posso chiedere provvigioni?
Le Marin, 31 ottobre 2015
Succedeva che l’ultimo giorno di
crociera di un’allegra famigliola Francese ci svegliassimo sotto una
torrenziale pioggia che ci accompagnò per tutta la mattinata. Smaronati
annoiati e scazzati da cotanto maltempo dopo pranzo decidemmo di andare a fare
il pieno di gasolio così sarebbe stata cosa già fatta la mattina dopo, che
almeno se usciva il sole si sarebbe approfittato per fare un ultimo bagnetto
prima di entrare alla base e riconsegnare la barca.
Ed ecco che sulla rotta dell’ingresso
incrociamo un trimarano e ci passiamo vicini vicini, solito ciao ciao di
cortesia come da consuetudine marinaresca e via che andiamo, ma i clienti sono
come in trance e iniziano a dire “ma non è Pierre?” “secondo me si” “boh””no
dai non è possibile”…. “Pieeeeerre, ma sei davvero tu?” “Siiiii, sono ioooooo”
e via veloce inversione ad U tanto che io – in quel momento al lavaggio piatti
di pranzo - rischio di trovarmi sepolta dall’intera stoviglieria in caduta
libera. Brevi scambi di battute tra i miei clienti e Pierre, e promessa di
vedersi con più calma dopo. Fin qui è normale consuetudine, anzi ormai non ci
faccio nemmeno più caso a quanto il mondo sia piccolo.
Ma stavolta no, è diverso. Pierre non è
un conoscente o un amico perso di vista, e nemmeno un lontano parente. Pierre è
il marito della sorella del mio cliente, sparito all’improvviso qualche anno fa
e cercato in lungo ed in largo sull’intero pianeta dalla famiglia ma Pierre
aveva proprio voluto far perdere le proprie tracce, non ha mai nemmeno chiamato
casa per sapere come stavano i figli. Il classico “Tesoro, esco a comprare le
sigarette”.
Ora, non voglio entrare in dettagli di
cosa si siano poi detti quando i miei clienti più tardi sono andati a bordo da
lui lasciandoci in custodia i bambini perché anche se qualcosa la cliente me
l’ha raccontato sono cose private e non sta bene riportarle su un blog, vi
racconto solo che Pierre poi è venuto a cena da noi ed è stata una piacevole
serata nonostante io sia assolutamente convinta che l’ultima doccia il nostro
uomo l’abbia fatta prima di andare a comprare le sigarette.
Dico solo che è vero che la vita è una
sliding door. Bastava ci fosse il sole e non saremmo mai andati a far gasolio,
bastava che lo skipper decidesse di passare dal canale di ingresso abituale
anziché da quello raso al Club Med, bastava che tardassimo mezzora e lui non
sarebbe più stato ancorato lì ma sarebbe stato in viaggio per St.Martin,
bastava che lui fosse sceso un attimo a terra….bastava niente e non si
sarebbero incrociati. Lo hanno cercato ovunque e lo davano per morto, erano
praticamente rassegnati ed ecco che una sliding door fa sì che avvenga questo
incontro chiarificatore, e tutto avviene quando i tempi sono maturi per Pierre;
e da una sliding door si apre uno spiraglio di speranza di poter chiarire
vecchi rancori di famiglia, riappacificare persone che sicuramente hanno tutte
sofferto per una decisione drastica di sparire, chi prendendola questa
decisione e chi subendola, ma di sicuro nessuna delle posizioni interessate
deve essere stata facile.
Sono sempre più fatalista, sono sempre
più convinta che tanto alla fine il destino se vuole che le persone si
incontrino le fa incontrare nei modi più bizzarri, e se ciò non avviene allora
vuol dire che non doveva essere.
E mi viene da fare una battuta
autoironica sul mio destino, ma è talmente pessima che quando ho cercato di
scriverla anche la tastiera si è ribellata. Conoscendomi, potete immaginarla.
Marigot
Bay, 29 ottobre 2015
Il
primo charter sta volgendo al termine, tutto è andato molto bene nonostante le
orecchie sfondate dalle mille domande dei bambini: io penso che nemmeno Bonolis
nel gioco finale di “Avanti un altro” possa riuscire a formulare un così alto
numero di domande al minuto. A volte avevo voglia di legarli tutti e tre
insieme e usarli come boe…
A
parte ciò, è stato bello tornare alle Grenadine e come ogni prima crociera
della stagione noto alcuni piccoli cambiamenti che da un lato mi fanno pensare
che tutto progredisce e si sta al passo coi tempi, ma dall’altro lato questi
posti non hanno quasi più nulla a che vedere con le isole dei miei primi tempi:
si vede che i locals si sono infurbiti ed il turismo che arriva qui sempre più
massiccio sta prendendo possesso nelle abitudini degli abitanti, e ne vedo
sempre più tra di loro aver quasi come “dimenticato” la purezza che li
contraddistingueva per lasciarsi possedere – come noi del cosiddetto mondo
civilizzato - dal Dio Denaro, e gli stessi che qualche anno fa ti donavano il
cuore in cambio di un sorriso ora sono avidi e sono felici di vederti tornare
non tanto perché tu sei tu ma per il business che gli porti, e questo mi rende
un po’ triste. Non voglio generalizzare, anzi amo ed apprezzo ancora di più
quei pochissimi che negli anni mi si sono confermati amici e mi salutano
festosi pur sapendo che il business è già stato affidato a qualcun altro e
quindi dalla sottoscritta non avranno nulla di più che una birra fresca ed un
abbraccio amichevole.
Ma
è giusto così, è bene per loro che stia arrivando il turismo di massa anche
qui, sicuramente le loro condizioni migliorano senza intaccare l’altissima
qualità di vita che conducono. Unica cosa: mi piacerebbe davvero davvero tanto
riuscire a far venire qui almeno per una vacanza le persone a cui tengo tanto:
la famiglia e il gruppo delle amiche storiche. Chissà.
Le
Marin – Martinica, 21 ottobre 2015
E
così un altro anno è passato e sono di nuovo qui. Ho deciso di riprendere il
blog perché ho paura che se no la mia storica e cronica mania di scrivere
potrebbe andare ad esaurirsi: scrivere fa talmente parte di me – da sempre -
che se lascio svanire la voglia ho paura di non avere più ragione di esistere e
mi sembrerebbe di sentirmi snaturata.
L’estate
è passata bene: per la terza volta stessa barca ed è andato tutto bene tra
grandi risate e piccoli drammi della quotidianità che fa parte della stretta e
prolungata convivenza a bordo, in ogni caso confermo di esser stata fortunata
ad aver trovato questi armatori così easy e alla mano che mi lasciano libera di
lavorare secondo il mio stile, il che mi mette di buonumore ed il buonumore
dell’equipaggio si sa che si riflette sull’esito del lavoro e – di conseguenza
– sulla loro vacanza.
Poi
un veloce passaggio a casa, ed infine la partenza. Come ogni partenza
stagionale che si rispetti ogni volta c’è sempre di più il conflitto
entusiasmo/malinconia. Ogni anno diventa più pesante partire e mettere in
stand-by la mia vita europea. Così come ogni primavera è sempre più pesante
mettere in stand-by la mia vita antillese. Sono due vite parallele, così diverse
e così contrastanti tra di loro che mi chiedo quale sia quella vera, in quale
delle due sono veramente io. Non so se arriverò mai a capirlo ma alla fine
poi…..machissenefrega!! In fondo, le rondini che migrano non credo si facciano
queste pippe mentali, vanno e basta, poi tornano e basta.
E
poi sono atterrata in Martinica e già uscendo dall’aeroporto mi si stampava in
faccia il sorriso mentre venivo investita dagli odori dai suoni e dai colori di
questa isola.
Domani
comincio già a lavorare, se devo dire la verità non ne ho tanta voglia ma poi
lo so che mi basta veder arrivare sul pontile i clienti sorridenti con le loro
valige e mi monta l’entusiasmo…. Adesso sono le 8.30 di sera e mi si chiudono
gli occhi, penso di non tardare troppo ad abbandonarmi tra le braccia di
Morfeo, saluti e baci.
Santa
Maria di Leuca, 16 luglio 2015
Argomenti
ne avrei un sacco, appunti ne ho buttati giù una marea, ho anche finalmente
trovato l’ispirazione per scrivere un libro vero e ho cominciato a mettere le
basi…. quello che manca è la voglia. Guardo il mio pc, quell’oggetto che contiene
la mia vita e che mi provoca dolore ogni volta che devo separarmene per oltre
24 ore, e lo vedo lì nero e chiuso e non mi va di aprirlo, ho anche cambiato la
tastiera perché era andata in tilt e questa nuova non mi piace molto, i tasti
sono spagogni. Forse la colpa è proprio della tastiera.
Cos’è
successo in tre mesi…. Di tutto e niente, come nella vita di qualunque altra
persona. Sto bene, molto bene, direi che sto attraversando una fase veramente
positiva con il mondo che mi sorride e non ho grossi motivi di lamentele. Ho
subito una delusione sentimentale enorme, sì l’ennesima, una batosta fortissima
che mi ha picchiato proprio qui sul collo, anzi no direi che mi ha picchiato
tra lo stomaco ed il cuore. Non ne sono guarita ma tutto quello che ho pensato
è stato “deve esserci una spiegazione, per forza, perché tutto ciò è talmente
assurdo che può solo esserci una valida spiegazione”, e non mi sono nemmeno
arrabbiata; ho sfogato tutto nel corso di una giornata, forse la giornata più
triste della mia vita, e poi dal giorno dopo ero distaccata e tutto mi veniva
alla mente come una cosa lontanissima nel tempo, e quasi quasi pareva non fosse
nemmeno successa a me. Tanto meglio.
Il
lavoro va benissimo, ma quello va sempre bene. Il bello di lavorare free lance
è di poter scegliere. E grazie al lavoro ho incontrato una persona
straordinaria che è entrata di prepotenza nella mia vita ed è presente anche
nell’assenza e anche se non ci vediamo da qualche mese e ci sentiamo tra si e
no ogni 2-3 settimane per un saluto. No non è un uomo, o meglio sì è una
persona di sesso maschile, ma niente a che vedere con argomenti amoroso/sentimentali,
penso che questa persona sia un Angelo Custode piovuto nella mia vita sotto sembianze
umane, e non mi capacito di come una persona tanto speciale possa aver scelto
proprio me. Perché pur se ci conosciamo da poco tempo il nostro rapporto va ben
oltre il lato professionale, e anche se lo vedo che lui è così protettivo nei
confronti di tutti quelli che lo circondano (o meglio tutte quelle, perché è il
classico uomo circondato solo da donne: sorelle, figlie e figliastre, amiche,
cognate, cugine…), con me è veramente….come dire….boh, non credo esista un
aggettivo appropriato ma di fatto ha combinato cose per me che veramente non mi
sarei mai aspettata: mi ha ascoltata, mi ha aiutata, mi ha sorpresa, mi ha
incoraggiata, mi ha fatta ridere e divertire, mi ha messa all’angolo
obbligandomi a fare i conti con me stessa, e forse per la prima volta nella mia
vita sento che c’è qualcuno al di fuori della mia famiglia che mi vuole bene
per davvero e ci tiene a me per quello che sono e senza aspettarsi niente in
cambio. Sono stata fortunata ad incontrare questa persona.
Che
altro: sono stata a casa quasi due mesi. E’ sempre una cosa bella ma comincio
ad avvertire sempre più insistentemente il bisogno di avere un posto mio. Bella
la vita nomade, bello vivere con la valigia in mano, ma comincia a diventare un
po’ caro il prezzo da pagare. Sembrano stronzate ma non avere un cassetto mio,
un armadio mio, un letto mio comincia a diventare pesante. Giro il mondo e
compro cose, souvenir, oggetti per gli altri e mai niente per me tanto non
saprei dove metterli, e la maggior parte delle volte nemmeno compro più niente.
Mi piacerebbe avere un posto nel mondo dove sapere di ritrovare le mie cose non
chiuse dentro una scatola, mi piacerebbe avere un posto dove quando esco dalla
doccia non devo passare in rassegna tutto il mio guardaroba (per fortuna esiguo)
piegato via, mi piacerebbe avere un cassetto per le mutande e non un sacchetto,
anch’esso messo via con le magliette i pantaloni i parei i costumi i trucchi
gli elastici per i capelli le lenti a contatto il dentifricio e quel bellissimo
quadretto che proprio non potevo non comprare ma che ora non ho idea di dove
mettere…. devo risolvere questo problema prima che mi passi la voglia di
tornare a Toscanella.
casa..con le amiche di sempre |
Altro
proprio non ce l’ho da dire, ma sono molto contenta di aver scritto tutto ciò perché
chissà magari sto uscendo dal blocco….
Alla
prossima quindi!
Antigua, 08 aprile 2015
Io lo sapevo che non dovevo più prenderne di charter
senza skipper, e invece sono qui invasa dai crucchi, che tutte le barche
americane che vedo in giro mi vien voglia di lanciare il may day. Non che siano
cattivi, anzi sono estremamente gentili e simpatici, ma detengono senza dubbio
il primato di rompicoglioni degli ultimi 30 anni di storia del charter
barcarolo. Ma non gliene voglio perché lo vedo che non fanno apposta,
semplicemente non si rendono conto che non possono sminuzzarmi l’anima in
questo modo! Non è che mi schiavizzano, no anzi sono molto collaborativi, a
bordo l’ambiente è familiare ed easy, sono loro che sparecchiano la tavola e se
non la fermo la Zia Adolfa lava pure i piatti. Ma mi sgretola l’anima col
mangiare. E comunque hanno ragione loro, è colpa mia che quando gli ho chiesto
allergie e gusti particolare e mi hanno risposto “niente da segnalare, tutti
mangiamo tutto” non ho specificato tutti insieme nello stesso pasto e non a
menu alterni. Che poi sono anche abbastanza abituata a fare menu differenziati,
a volte ho avuto charter da paura per quanto riguarda la diversificazione dei
pasti, in quanto si deve sempre il massimo rispetto alle allergie e sempre
anche un occhio di riguardo ai gusti. Ma i capricci dell’ultimo momento no. Si
stabilisce un menu, perché 10 minuti prima del pranzo devo avere 5
variazioni??? Che qui mi pare di essere al Grand Hotel: in 6 sono riusciti a
farmi fare 4 cose differenti nello stesso pasto, e gli ho promesso che se un
giorno mi fanno l’en plein gli faccio un ingrandimento della foto di famiglia e
la incornicio nella futura sede delle hostess in pensione, a memoria del
mestiere che facciamo che mette a dura prova anche i nervi più saldi. E non è solo il mangiare, è anche tutto il
resto. E mi chiedo perchè la gente parte in vacanza con 60 kg di bagaglio se
poi non si porta il cervello??? Di solito ce li smazziamo in due, sto giro ho
da smazzarmi da sola pure lo skipper, che a distanza di una settimana non ha
ancora capito che il bottoncino con il disegnino dell’ancora che ha vicino al
timone è un comando a distanza che gli permette di essere autonomo almeno nell’ancoraggio,
e invece no, mi sganghera la marella mille volte al giorno pure per l'ancora, che almeno sapesse darla per il verso non staremmo a rifare la manovra ogni mezz'ora. E le domande del
cazzo, che sto giro si sprecano. Pare
quasi che io debba avere il dono dell’onnipotenza ed onnipresenza su questa
barca. E poi le millecinquecento richieste, non difficili, non stronze, ma
tante, tante, tante, tante, tantissime, di continuo e senza sosta. Davvero,
sono svuotata, non ce la faccio più e bisogna che da lassù mi aumentino la dose
di Pazienza per i restanti 4 giorni.
Questa settimana sto davvero rimpiangendo di non
lavorare in miniera. Ma di buono c’è che mi sto guadagnando una fetta di
Paradiso: ho chiesto al Buon Dio di darmi la pazienza, tanta pazienza, e di
riprendersi la mia forza (a tempo determinato) perché se sbaglia il dosaggio pazienza-forza
faccio una strage. E sono molto orgogliosa di me stessa per come riesco a tener
botta e continuare a sfoggiare un bel sorriso, alla faccia di quanti continuano a dire che ho un carattere di merda e litigo con tutti, e non vogliono vedere gli enormi progressi che ho fatto con l'avanzare dell'età.
Per cui posso dire al mio diacono che a gennaio mi
ha ricordato che ancora non esiste una Santa Vaifra, che ci sono molto vicina.
E visto, come ripeto sempre, che per fare la Vergine è un po’ tardi e per fare
la Martire non è che ne abbia poi tutta sta voglia, ho pensato di adottare l’idea
della mia amica Carla: Santa Vaifra da Padella suona benissimo.
E poi ho elaborato una nuova ricetta: si chiama
sfrantumata di maroni della hostess, e consiste in due palle che iniziano la
lievitazione al mattino e continua per tutto il giorno, fino a diventare grosse
come quelle che si usano in palestra per fare gli esercizi per la schiena, e
poi strisciarsele in cabina la sera per lasciarle a riposo tutta la notte. Verranno
servite a fine charter con contorno di caviale e champagne col botto da festeggiamento,
da degustare fredde in compagnia di colleghi che possano darti pacche sulla
schiena e tu intanto quasi piangi di sollievo al pensiero “è finita, cazzo
iniziavo a pensare che li avrei avuti intorno per il resto della mia vita, e
invece sono in aereo e non li vedò mai più!”
St.Martin,
02 aprile 2015
Riassunto
delle puntate precedenti: io quest’anno non volevo lavorare e volevo vedere
posti diversi; alla fine sono sempre qui ai caraibi e mi sto facendo un mazzo
tanto, devo aver sbagliato qualcosa nella letterina a Babbo Natale.
Comuuuuunque,
due charter fa sono partita con una compagnia esistente sulla piazza da qualche
anno ma con cui non avevo mai lavorato. Dei pezzenti, dei luridi spaventosi
accattoni morti di fame che prendono per il culo la gente rifilandogli merda
come fosse cioccolata, tanto che mi chiedo come facciano ad avere dei feed back
positivi, ed è proprio qui che capisci che il turista medio te lo giri come ti
pare tanto alla fine i posti sono belli e sarà sempre contento; dicevo, ho
fatto il charter soprannominato “i miserabili” tanto che mi sentivo una sorta
di mix tra Gesù Cristo che moltiplicava i pani e Victor Hugo quando condividevo
con i colleghi quello che stavo vivendo. Poi finito con loro sono partita sul
catamaranone dove di tanto in tanto mi chiamano, quello che fa charter di
lusso. Come dire, dalle stalle alle stelle sparata come uno Sputnik. E mi trovo
a lavorare con Eric, uno skipper con cui avevo già lavorato l’anno scorso e che
da allora mi fa un filo professionale serratissimo, è da dicembre che mi marca
stretta per la prossima stagione estiva ma me la tiro un mucchio (almeno sul
lavoro posso farlo, e lo faccio). Eric: un personaggio. Già l’anno scorso l’avevo
inquadrato, ma ora confermo: gli autori di Mr. Bean si sono ispirati a lui per
creare quel personaggio stranissimo che ci fa ridere tutti con le sue mille
manie. Ecco, lui è uguale, solo che ogni tanto mi spara di quelle uscite che mi
spezza a metà. Tutto questo per dire che mi sono fatta un sacco di risate sia
con lui che su di lui, e ora che è partito da due giorni continuo a ridere da
sola pensando a certe scene che solo lui al mondo può creare. Poi alla fine del
charter io dovevo rifarne un altro con i miserabili ma si sono riconfermati
merde e me lo hanno annullato a 4 giorni dalla partenza. Ma come si sa le
casualità succedono e ci cambiano anche il programma del catamaranone e anziché
portarlo in Guadalupa dobbiamo lasciarlo a St. Martin per un charter last
minute, senza skipper ma con hostess.
E
così sono qui, dopo aver passato 4 giorni in questo marina fuori dal mondo e
fuori dal tempo, da sola su questa barca con un gruppo di Tedeschi imbarcati
freschi freschi. E già a cena mi chiedevo “ma che kartoffen c’ho da
raccontargli io a questi!?”
St.Martin,
28 marzo 2015
Onestamente:
l’inizio non è stato facile. Ma l’abbiamo recuperata e salvata in corner, e
anche se le dinamiche non sono ancora ben chiare si sono rivelati un gruppo
molto simpatico e alla mano. E adesso che li abbiamo capiti siamo pronti per
fare questo charter. Ops, ma come, è finito??? Ma no, ma proprio adesso che
abbiamo capito come funzionano questi qui? Cioè: mi volete dire che adesso che
so che le loro “abitudini di sempre” (così le definiscono) in realtà sono le
abitudini degli ultimi 5 minuti e mi sto abituando a questi repentini cambi di
programma e anzi mi ci sto perfino divertendo…
loro sbarcano e vanno via???? Ma no dai, lasciatemeli ancora due giorni…
Sono anche simpatici, e le ragazze si sono rivelate persone normali che hanno
solo scelto un mestiere diverso dal mio: l’unica differenza tra me e loro è che
io mi spacco il c*** di giorno, loro di notte, son scelte no?
St.
Barth, 24 marzo 2015
Premesse:
non si sapeva quanti fossero: 4 o 6; Si
sapeva solo la nazionalità ceca (dal passaporto) e che sarebbero arrivati con
un volo dal Messico. Infatti sono arrivati in 4, poi divenuti 5, poi tornati 4,
poi divenuti 6, poi rimasti 3. Nazionalità boh, sicuramente tutti dell’est ma a
volte tra di loro parlano in Inglese altre volte in una lingua a noi
incomprensibile. Non abbiamo nemmeno capito se si conoscessero già prima o se
le ragazze sono “in affitto”.
Uno
non mangia carne, e non c’era scritto sulla preference list. Vogliono mangiare
soprattutto pesce, e sulla preference list c’era scritto pesce massimo due
volte. Ordinano fiorentine da 1 kg cadauna, ma la carne in generale gli piace
poco. Una è vegetariana, ma quando c’è il pesce e fai altro appositamente per
lei finische che prende il piatto dell’altra dicendo il pesce va benissimo e tu
ti chiedi che cazzo ti sei sbattuta a fare per prepararle una cosa a parte, che
avevi già da pensare all’altro che non mangia pesce e gli hai fatto il pollo ma per lei non va
bene in quanto, appunto, vegetariana; però quando fai l’aragosta te le
rispedisce in cucina ripetendoti che è vegetariana. Ordinano carrè d’agnello,
ma una (non la vegetariana) non mangia
agnello, in compenso però quello che non mangia carne si mangia la sua parte (e
lascia le ossa lucide). Uno non beve alcool ma ti guarda male quando dici che è
finita la vodka per la Red Bull. Non hanno mai fame, ma poi si divorano anche
le gambe del tavolo. Non vogliono mangiare troppi zuccheri, ma chiedono il bis
del dessert ad ogni pasto. Hanno ordinato kg di formaggi, ma non mangiano
derivati del latte. Hanno anche ordinato verdure in scatola, ma mangiano solo
cose fresche. Idem per i succhi di frutta.
Vogliono
baiette isolate, ma poi si annoiano. Cercano posti dove ci sia vita
notturna, ma poi c’è troppa gente. In 8 giorni vogliono fare St.Martin,
Anguilla, St.Barth, Barbuda, Antigua e St.Kitts, ma poi non vogliono navigare
troppo (anche io in un week end voglio vedere Venezia, Firenze, Roma e la
Sicilia, e se avanza tempo vado a vedere anche Torino, ma non voglio passare
troppo tempo in auto). Vogliono navigare a vela per godersi il silenzio, ma poi
si arriva troppo tardi.
Come
dire: sono molto gentili e anche simpatici, ma hanno rotto il cazzo.
Le
Marin, 07 marzo 2015
A
parte l’essere clochard non è poi così male una volta tanto passare una decina
di giorni a fancazzeggiare professionalmente. Il tempo fa schifo ma
chissenefrega. Marzo dovrebbe essere il mese pù secco invece non fa che piovere
ed è un casino per le piantagioni di canna da zucchero. Io in 10 giorni ho
fatto quel che generalmente faccio in mezza giornata tra un charter e l’altro.
Bellissimo svegliarmi al mattino, trovarmi al bar con Mario, cazzeggiare
un’oretta su internet alla ricerca di niente di preciso, poi fare il programma
della giornata, che potrebbe per esempio consistere in “oggi arriva Omero
(bisogna andare a salutarlo) e devo comprare una cassa d’acqua che l’ho finita.
E per oggi basta così se no ci stanchiamo troppo”. Beati caraibi.
Ma la
pacchia è finita, stasera si ricomincia: ne arrivano 8, alla cabina, per
un’agenzia con cui in tanti anni non avevo ancora mai lavorato; lavorano bene
ed i clienti sono sempre contenti, ma hanno fama di essere un po’
strituraminchia… e finora non posso che confermare. Non vedo l’ora di mollare
gli ormeggi almeno me la vedo io coi clienti e dall’ufficio smettono di
rompere, che solo per il carico della cambusa mi hanno già sminuzzato la
marella, pronta per farci il ragù!
e un po' di shopping non vuoi farlo? |
Le
Marin, 06 marzo 2015
N’avessi
azzeccato uno sarei anche una persona contenta. Quest’anno ho sbagliato tutti i
voli aerei: a fine estate dopo mille tentennamenti mi son decisa a tornare qui
per un paio di mesi, il tempo di prenotare il volo mi hanno proposto la
traversata atlantica, che a saperlo solo tre giorni prima non lo prendevo
nemmeno il biglietto aereo, ovviamente comprato non modificabile per
risparmiare. E va bene, facciamoci sta andata-ritorno, più che altro per non
perdere il volo di ritorno fissato per gennaio che era il punto fermo della
stagione. A gennaio decade il mio motivo di rientro in Italia, tanto che
tentenno: vado o resto? Mah, alla fine vado poi magari torno, c’è anche
quell’idea di andare a Miami e dall’Italia o da qui mi costa uguale. E già che
ci sono decido di fermarmi una notte a Parigi per vedere una cosa e mi compro
un nuovo biglietto Parigi-Bologna decidendo già a priori di non prendere il
volo compreso nel biglietto intercontinentale, ma quella cosa da vedere a
Parigi è importante quindi un calcio alla miseria e chissenefrega. E così mi
trovo a Parigi e ricevo un sms di Airfrance, il volo è annullato e mi
metteranno su un altro volo del giorno dopo. Inimmaginabile. Mi trovo con due voli Parigi-Bologna lo
stesso giorno, più o meno allo stesso orario, con due compagnie diverse,
minchia son proprio sborona! Arrivo a casa ed organizzo per Miami e anche da
Miami a qui, con ritorno in Italia ai primi di marzo perché ho altri progetti
da vedere in Europa. Progetti che ovviamente decadono, ma pazienza ormai ho
deciso che questa stagione andava così, e poi mi fa piacere passare marzo ed
aprile in Italia, è tanto tempo che mi manca la sensazione di primavera. Ma
cosa succede, succede che mi propongono dei charter – assolutamente non
previsti – che sono belli interessanti ma soprattutto con questo catamarano su
cui ormai sto in pianta semi-stabile dalla traversata ho creato un legame che
non riesco proprio a staccarmici tanto che ci vivo a bordo anche fuori dal
lavoro, e anche se non sono tenuta perché c’è chi è pagato per fare la
manutenzione alla fine sono io che me lo curo e me lo coccolo come fosse mio.
E
quindi succede che arriva il giorno in cui hai il volo di ritorno per l’Italia
già pagato ma non vai nemmeno in aeroporto, ti si prospettano altri due mesi
qui e hai perfino riempito i buchi con altri due charter decisamente meno
interessanti ma vanno bene lo stesso per fare cassetta e rientrare del
biglietto aereo che devi ricomprare, perché prima o poi ci dovrai ben andare a
casa!!
E
qui casca l’asino. Guardi per giorni e giorni le tariffe aeree, sei indecisa
perché rispetto a prendere il volo secco e modificabile di Aircaraibes,
aggiungendo qualche decina di euro hai un’andata-ritorno con Airfrance, non
modificabile. E visto che non sai cosa fare del tuo futuro, e tra le mille
opzioni c’è anche questa barca con cui ti corri dietro da ormai 5 anni e che
dovrebbe arrivare proprio qui in Martinica e dopo ha un programma di
navigazione che contempla il tuo più grande sogno nel cassetto ma ancora non
sanno se prenderanno hostess o meno, brancoli nel buio più totale e non sai
proprio come muoverti per sti cazzo di biglietti aerei. Ma lo sai bene che più
aspetti e più i prezzi aumentano, ed è inutile sperare nelle super promozioni
perché negli anni hai sempre potuto constatare di persona che non escono mai
quando tu cerchi i voli, escono sempre la settimana successiva al tuo acquisto,
e allora dici vabeh ok, tanto io in Italia ci voglio andare, prendo
l’andata-ritorno e poi al massimo butto il ritorno tanto per qualche decina di
euro non mi rovino. Vai sul sito Airfrance, ed ecco che rispetto a 12 ore prima
quando ci avevi guardato l’ultima volta il prezzo è salito di quasi 200 euro.
Vaffanculo Murphy.
E
allora per stizza non prenoto niente. Penso se giocare d’azzardo col destino
sperando in una promozione ma soprattutto spero di ricevere una conferma da
questa barca, che mi sono anche stufata di buttare via voli aerei pagati… che
io lo so che come prenoto il volo secco poi devo ricomprare anche un altro volo
per tornare qui, e alla fine il costo mi raddoppia… E così eccomi qui insonne
alle 5 di mattina (dovrei calare i caffè) a fare ambarabacciciccicoccò tre
biglietti sul comò.
Le Marin, 24 febbraio 2015
“Seconda
stella a destra questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino….”
Tra 4 giorni ho un volo aereo che mi dovrebbe
riportare in Italia. Non è modificabile né rimborsabile, ma ho deciso di non
prenderlo: ne comprerò un altro più
avanti, e fanculo la miseria.
La decisione è stata sofferta, ma fa un po’ parte
del gioco: ho voluto forzare un po’ il destino e sono contenta di averlo fatto perché
ho capito di non essere ancora pronta ad abbandonare questi posti, non ce la
faccio. Miami, per quanto bella non mi ha dato nulla a livello di pelle; Il
charter su a Barbuda per quanto bello ed andato benissimo in quei posti
dimenticati dal turismo di massa (incontrata una sola barca in tutta la
settimana) mi ha riempito gli occhi di belle immagini, ma poi è bastato
rientrare a Marin per un paio di serate per capire che il cuore può essere
riempito solo qui, con la mia gente e nel mio mondo…. e da quando ho deciso di restare
ho meno malinconia.
Le cose semplici
come una spaghettata tra amici dove tra uno che non si è ancora fatto la doccia
e l’altro che passando di lì per caso si aggrega, alla fine altro che “solo
noi”, una battuta fatta con pungente ma affettuosa ironia sottolineando
caratteristiche personali di qualcuno o ricollegandosi a fatti realmente
accaduti sono momenti unici che non mi sento ancora pronta ad abbandonare per
sempre. Succederà, ma non quest’anno. O per lo meno non questa primavera.
E poi non credo di esser pronta nemmeno per fermarmi
definitivamente a terra, stare in barca mi piace proprio troppo, ci sono
momenti della vita di bordo a cui non posso proprio rinunciare, e non parlo di
grandi avventure da lupo di mare che affronta tempeste e maremoti, no no, parlo
di sieste nel silenzio pomeridiano interrotto solo dal glu-glu del tender
legato dietro la barca oppure di risvegli precoci al mattino quando ancora
tutti dormono e ti incroci in dinette con uno dei tuoi passeggeri mattiniero
pure lui e senza dirsi una parola ti capisci a gesti “vuoi un caffè in attesa
dell’alba?” “si grazie”. E mille altri dettagli, ivi compreso il non aver
orologi né sveglie ma vivere le giornate scandendo il tempo in base a stomaco e
stanchezza anziché orari.
E dovendo scegliere tra queste cose e la sempre più
pressante voglia di un angolo mio, beh mi spiace ma la vince ancora una volta
la libertà di essere me stessa senza maschere e di sentirmi perfettamente a mio
agio e non giudicata se la mia vita non
è conforme agli standard auspicati dalla maggior parte della gente; ed il fatto
di vivere con tutti i miei effetti personali sempre chiusi dentro una valigia
che mi segue nei 12 mesi diventa un obolo da pagare tutto sommato accettabile.
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