18
gennaio 2014
E’
in corso un avvenimento telematico di notevole importanza (per me): qualcuno ha
creato su facebook un gruppo “sei di Castel San Pietro Terme se….”, ove ogni
membro scrive la propria Castellanità legata a ricordi di altri tempi: per
esempio se ti ricordi gli urli dell’Enrichetta nei corridoi (la preside delle
medie), se compravi i luppini dalla Colombina, se hai preso almeno una volta il
flauto in testa lanciato dal Prof. Lentini, eccetera eccetera, migliaia e
migliaia di post, bellissimo tuffo nel passato a leggere e ricordare tutte le
caratteristiche che fanno di Catello un paese unico, esattamente come tutti gli
altri paesi del mondo. A parte il flauto in testa e guardare il culo alla prof di
religione, in tutti gli altri “se” mi ci sono vista in pieno. Poi cosa succede,
succede che esce anche il gruppo “sei di Toscanella se...” e vai di carrellate
di ricordi dolci, amari, ridanciani e nostalgici, e anche lì mi ci calo in
pieno. Non è difficile: avendo abitato dai 3 fino agli 11 anni a Castello e poi
esserci trasferiti a Toscanella ma continuando le scuole dell’obbligo a
Castello, io e Damiano facciamo parte un po’ di entrambi. Che uno dice: mah,
due paesi a distanza di 3 km uno dall’altro più o meno sarà la stessa pasta no?
NO! E’ qui che casca l’asino, perché per chi non lo sapesse tra Castello e
Toscanella passa il Sillaro, che non è solo un confine geografico tra Emilia e
Romagna ma è una vera barriera culturale insormontabile: i due “popoli” non si
conoscono, non si cagano e se possono si fucilano (per modo di dire
ovviamente). Io mi ricordo quando mio babbo annunciò l’imminente trasloco a
Toscanella: avevo 10 anni, quasi 11, e la notizia mi mandò in panico totale….
No babbo no, per favore proprio Toscanella no, andiamo ovunque, andiamo anche a
Canicattì se vuoi ma Toscanella no, non posso dire una cosa del genere a
scuola, perdo tutti gli amici! Un trauma vero e proprio. Sottolineato dal fatto
che a Toscanella non parlavano bolognese ma imolese (altri 3 km più in là), una
lingua strana con vocaboli buffi ed espressioni ancora più strane tanto che
anche lo Zanichelli sta pensando di fare un dizionario dedicato. Ma appena
entrata nella nuova comunità di ragazzini/e della mia età il trauma lasciò ben
presto il posto ad un orgoglio Toscanellese pari se non superiore a che se fossi
nata nell’allora unica piazza del paese: un’adolescenza fantastica, con amici
non più “igni” (Castellano) ma “sburi” (Imolese), che alla fine significa
esattamente la stessa cosa: fantastici. Tanto che noi “della bocciofila di
Toscanella” al Piro Piro (oltre ad essere gli unici ad andarci A PIEDI, e
sottolineo per quelli della zona che sanno cosa è stato il Piro Piro) eravamo
sicuramente i più ganzi di tutta la provincia visto che avevamo seguaci da
Imola, da Sesto Imolese, e perfino da San Lazzaro (perfino più lontano di
Castello).
Quindi
con tutto questo casino su facebook dei due gruppi a cui ho orgogliosamente
aderito rischiando il disconoscimento da entrambe le fazioni per alto
tradimento, mi sono posta la domanda: ma io sono Castellana o Toscanellese? Che
poi sono nata in provincia di Modena (ed orgogliosa di aver visto la luce in
quel di Castelfranco Emilia, dove – per inciso - sono stati inventati i
tortellini). E se mi fanno un gruppo “sei di Imola se…” cazzo no, io sono ANCHE
di Imola, ci ho fatto tutte le superiori e ci ho abitato 10 anni da adulta… mi
ci incasino la vita così, va a finire che mi vengono le crisi di identità e non
ci sto a capire più niente. Manca solo che mi facciano a tradimento un gruppo
“sei di Le Marin se…” e siamo a posto.
almeno l'80% delle famiglie emiliano-romagnole hanno avuto inizio da un incontro al Piro |
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