Martinica,
15 febbraio 2015
Ci
sono gatti nati e cresciuti per strada, e ci sono gatti nati in appartamento
che per tutta la loro vita nemmeno immaginano esista un altro mondo; magari lo
vedono attraverso i vetri della finestra ma non fa parte della loro esistenza,
vivono una vita intera nel loro mondo protetto e sicuro dove la ciotola è
sempre lì, è sempre piena, e la cacca si fa nella gabbietta con la sabbia.
Anche i più spavaldi e furbetti della casa se li togli dal loro mondo e li
lasci liberi in giardino potrebbero sentirsi spauriti, senza i loro riferimenti
anche mangiare e fare cacca possono diventare cose difficilissime, e anche se
gli dai le stesse crocchette il fatto di non avere il loro piattino può essere
un problema che li lascia perplessi ed interdetti.
Ecco,
mi sa che sia un po’ cosi anche per le persone, cioè voglio dire non è normale
che gente di 30 anni laureata e con uno studio medico in proprio si perda di fronte
a certe banalità che tu gatto di campagna mai e poi mai avresti immaginato
potesse esistere gente tanto intelligente da un lato ma tanto sprovveduta ed
estranea all’arte dell’arrangiarsi dall’altro. Cioè, gente in gambissima,
persone con un certo livello di cultura e anche con dei cervelli ben funzionanti
e colmi di sapienza nonchè di nozioni apprese sui libri ma totalmente digiuni
di senso pratico che se li togli dalla loro bambagia ti trovi a dover spiegare – e non ad una
persona ma ad un gruppo completo – come si mettono le mollette dei panni, come
si accende un fiammifero, come usare una spugna in maniera efficace, come
compattare una bottiglia di plastica (e sì, togliendo il tappo è più facile, ma
guarda un po’….) e che sì, se dico che lo zucchero è lì, è proprio lì, e magari
basta spostare i corn flakes per trovarlo (il malandrino, si nasconde!) e
perfino, è successo veramente, che in 6 sul tender è meglio stare 3 per lato
anziché 5 contro 1 (e, giuro è vero, all’insistenza dello skipper di
distribuire meglio i pesi l’unico che ha avuto una reazione è stato quello
seduto da solo, che prontamente si è seduto dallo stesso lato di tutti gli
altri, che come abbiano fatto a non ribaltarsi lo sa solo il Cielo). Ma si può?
Mi
sto facendo delle risate mondiali insieme allo skipper. Ma pensandoci bene la
cosa è significativa. E poi li osservi e noti che non hanno nessuna cicatrice
su braccia e gambe, che so una vecchia ferita procurata cadendo da un albero
mentre si rubavan ciliegie (chi non l’ha fatto!!???!!!!) oppure scartolandosi
con la bicicletta, una bruciatura da marmitta del motorino, il morso di un
cane, un vecchio taglietto sulla palpebra da libro lanciato in testa dalla
sorella minore (Damiano scusami ancora a distanza di 35 anni, ma quel giorno mi
avevi fatto incazzare proprio), niente, non hanno segni della loro infanzia.
Io
che sono nata in campagna quindi campagnola, contadina e pure mezza montanara,
che ho una collezione di cicatrici da poter aprire un museo e che ogni
cicatrice ha la sua storia legata ad un aneddoto… queste cose non le capisco proprio.
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