Le Marin, 24 febbraio 2015
“Seconda
stella a destra questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino….”
Tra 4 giorni ho un volo aereo che mi dovrebbe
riportare in Italia. Non è modificabile né rimborsabile, ma ho deciso di non
prenderlo: ne comprerò un altro più
avanti, e fanculo la miseria.
La decisione è stata sofferta, ma fa un po’ parte
del gioco: ho voluto forzare un po’ il destino e sono contenta di averlo fatto perché
ho capito di non essere ancora pronta ad abbandonare questi posti, non ce la
faccio. Miami, per quanto bella non mi ha dato nulla a livello di pelle; Il
charter su a Barbuda per quanto bello ed andato benissimo in quei posti
dimenticati dal turismo di massa (incontrata una sola barca in tutta la
settimana) mi ha riempito gli occhi di belle immagini, ma poi è bastato
rientrare a Marin per un paio di serate per capire che il cuore può essere
riempito solo qui, con la mia gente e nel mio mondo…. e da quando ho deciso di restare
ho meno malinconia.
Le cose semplici
come una spaghettata tra amici dove tra uno che non si è ancora fatto la doccia
e l’altro che passando di lì per caso si aggrega, alla fine altro che “solo
noi”, una battuta fatta con pungente ma affettuosa ironia sottolineando
caratteristiche personali di qualcuno o ricollegandosi a fatti realmente
accaduti sono momenti unici che non mi sento ancora pronta ad abbandonare per
sempre. Succederà, ma non quest’anno. O per lo meno non questa primavera.
E poi non credo di esser pronta nemmeno per fermarmi
definitivamente a terra, stare in barca mi piace proprio troppo, ci sono
momenti della vita di bordo a cui non posso proprio rinunciare, e non parlo di
grandi avventure da lupo di mare che affronta tempeste e maremoti, no no, parlo
di sieste nel silenzio pomeridiano interrotto solo dal glu-glu del tender
legato dietro la barca oppure di risvegli precoci al mattino quando ancora
tutti dormono e ti incroci in dinette con uno dei tuoi passeggeri mattiniero
pure lui e senza dirsi una parola ti capisci a gesti “vuoi un caffè in attesa
dell’alba?” “si grazie”. E mille altri dettagli, ivi compreso il non aver
orologi né sveglie ma vivere le giornate scandendo il tempo in base a stomaco e
stanchezza anziché orari.
E dovendo scegliere tra queste cose e la sempre più
pressante voglia di un angolo mio, beh mi spiace ma la vince ancora una volta
la libertà di essere me stessa senza maschere e di sentirmi perfettamente a mio
agio e non giudicata se la mia vita non
è conforme agli standard auspicati dalla maggior parte della gente; ed il fatto
di vivere con tutti i miei effetti personali sempre chiusi dentro una valigia
che mi segue nei 12 mesi diventa un obolo da pagare tutto sommato accettabile.