Ajaccio,
02 luglio 2012
Ricetta
per fare un Corso: prendi 2/3 di caratteraccio e 1/3 di diffidenza verso gli
estranei, togli l’amabilità, aggiungi una buona dose di chiusura caratteriale
con un pizzico di arroganza, condisci con una bella manciata di inaltruismo -
non dimenticare l’inospitalità - mescola
a fondo e servi freddo come una vendetta su un piatto di scortesia. Questo è il
popolo Corso; però c’è da dire che se tieni botta ed arrivi a rompere quella
scorza di durezza, dentro hanno un cuore grande e caldo… è arrivarci che è
dura! I Corsi mordono; abbaiano e mordono, ma non a fondo, loro vogliono solo
farti capire che sei sul loro territorio e le regole le fanno loro. Nei negozi
e ristoranti quasi ti mandano a fanculo e quando ti chiedono “cosa posso fare
per te” avresti davvero voglia di rispondergli “beh, per cominciare un sorriso”.
Capito questo, smetti di prendertela a male se ti aggrediscono ed impari anche
a fregartene quando tu dici buongiorno e loro ringhiano di rimando. Però hanno
anche un sacco di lati positivi: sono veri, assolutamente genuini; sono onesti,
corretti e leali; non sono finti, e non recitano. Se gli vai a genio sono
persone squisite, se non gli piaci non te lo mandano mica a dire. Facile. Se
rispetti le regole tutto andrà benissimo ed amerai la Corsica ed i Corsi a
vita, se devi rompere le palle vai da un’altra parte.
Qui
in barca tutto bene. Dopo la grande tirata iniziale per sistemare la barca
abbiamo fatto il nostro primo week end, riservato a tour operators di alto
livello quindi l’importanza della buona riuscita era di primo grado. Tutto
bene, nonostante un motore in avaria abbiamo rispettato il programma di
navigazione, abbiamo dato il meglio di noi stesse e gli ospiti sono scesi
entusiasti e affascinati da tutto l’insieme. La mia collega in situazione
charter mi ha sbalordita: da chiappa pesante che si stava presentando mi si è
trasformata in un collaborativo robot onnipresente. Ismita che cricca su certe
cose quanto in gamba e sveglia su altre. Il che non guasta. Ci intendiamo bene,
andiamo d’accordo e mi piace tantissimo un equipaggio tutto al femminile, c’è
qualche contro ma ci sono anche molti pro, l’importante è che ci sia buona
intesa e visto che la fase di lavoro è durata solo quei 3 giorni direi che
siamo un equipaggio davvero equilibrato: una non si ferma mai, l’altra nemmeno
parte, perfetto no? Mi fa morir dal
ridere per certe sue caratteristiche; ogni tanto la perdo, non so dove va, cioè
fisicamente la vedo è davanti a me ma non so dove sia in realtà, e io mi dico
“ok è nel suo magico mondo, beata lei”. Magnè, caghè e an capì un caz, bella la
vita. Ma non è questione che si fa delle robe strane, no no, è proprio così di
natura, e devo confessare che la invidio parecchio.
Abbiamo
deciso che in questi 10 giorni di stacco e finizione dettagli prima della
grande stagione, che si preannuncia piuttosto tirata, ci diamo anche alla vita
sociale. Bene, brave, bella decisione, peccato che io non conosca nessuno, e i
Corsi come detto sopra non sono proprio affabili ed amichevoli subito subito…. Ma
sto bene, qui sulla mia barca, in questa baietta tranquilla che al mattino ci
sveglio e faccio il primo pluf della giornata, poi inizio a lavorare e quando
siamo ho una botta di caldo faccio un altro pluf, e così fino al tramonto, che
dietro questa penisola di fronte a noi con i sassi affioranti dall’acqua è
qualcosa di spettacolare. Finora non abbiamo ancora avuto un giorno senza
nessuno a bordo, tutti i giorni c’è gente a pranzo o a cena: mò l’armatore, mò
le figlie della skipper, mò i suoceri, mò il cognato, mò l’amica, mò
piripicchio….. insomma cosa darei per annoiarmi una sera zappingando la tivù!
Anche Ira è venuta a trovarmi un giorno, era “di passaggio” ad Alghero per
l’imminente matrimonio di suo fratello ed ha fatto una capatina qui per
salutarmi, che spettacolo trovarsi sempre in giro per il mondo!!!!
Che
altro…. Vediamo…. Ah sì, mi sono trucidata il pollicione del piede destro: era
il giorno dell’imbarco, eravamo in ritardo schifosissimo e ci siamo accorte che
si stava facendo tardi per la spesa così ci siamo fiondate nel tender a rotta
di collo così com’eravamo senza accorgerci che eravamo entrambe in condizioni
estreme di presentabilità: capelli per aria entrambe, io con la maglietta che
sembrava aver fatto la guerra e Magico Mondo senza scarpe né ciabatte. Da brava
che sono (e qui si può scegliere l’aggettivo che si preferisce tra generosa e
cogliona) le ho dato le mie adattandomi a camminare a piedi nudi per strada,
che non sono abituata, e fatto sta che a passo da bersagliere ho sbagliato la
falcata e quel povero piede l’ho strusciato bene nell’asfalto ruvido, quello
bello grosso coi sassolini. Sangue ovunque, e i commessi della pescheria
gentilmente mi hanno fornito un rotolo di scottex per tamponare. A distanza di una
decina di giorni va molto meglio, è ancora tutto nero e brutto ma il dolore si
è attenuato a livelli sopportabili. Cosa vuoi mai, ogni anno ne combino una,
ormai è diventato un vizio.
Poi
non è che abbia molte altre cose da dire, la vita sociale qui non esiste molto,
però sono molto contentissima di aver ritrovato Lydia e Denis, quelli dello
stand della Corsica per cui ho lavorato al salone di Genova per due anni tanto
tempo fa. Un piacere immenso rivederli, tante risate, e anche se ci siamo visti
solo un paio di volte sono persone che è un piacere passarci insieme ogni
singolo minuto; in più sono stati davvero gentilissimi nel darmi una mano a
sbrigare alcune cose di ordine pratico/burocratico in questo territorio abitato
da gente non sempre disponibile ad ascoltare le banali problematiche di una
frustrata lavorante stagionale, per
giunta straniera.
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